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Bentornati!

Buongiorno a Tutti, le pubblicazioni a seguire sono alcuni momenti di questa estate, grazie Il cappello di Irma.

I suoni e i colori della natura parlano da sé.

Omaggio all’indimenticabile Poeta Cantautore Fabrizio De Andrè

Scuola Civica di Musica Fabrizio De Andrè

Il Miracolo di Vita

La Poesia

Come lavare i cappelli di paglia

Occorrente:
-catino o secchio d’acqua tiepida,
-olio per bambini,
-sapone di marsiglia a scaglie,
-panno morbido,
-carta di giornale o asciugamano,
-naftalina o canfora.

I cappelli di paglia, specialmente se le fibre sono molto delicate, necessitano di controllare l’etichetta con le relative istruzioni di lavaggio altrimenti si può procedere come segue. Se sono presenti ornamenti come bottoni, nastri o strass è bene toglierli momentaneamente per evitare di danneggiarli durante il lavaggio. Dopo aver fatto sciogliere le scaglie di sapone nell’acqua tiepida, imbevete un canovaccio nella soluzione saponata. Strizzare il canovaccio eliminando l’acqua in eccesso e strofinatelo sul cappello delicatamente, pulendo prima la parte interna e poi quella esterna. E’ meglio evitare di immergere il cappello nell’acqua saponata perchè le fibre potrebbero restringersi. Infine risciacquare il cappello con sola acqua, così da eliminare i residui di sporco e sapone. Quindi farlo asciugare all’aperto e all’ombra su un qualsiasi oggetto di forma rotonda. Ricordiamo che è bene pulire prima delicatamente il cappello con un pennello morbido e se eventualmente non si vogliono staccare gli ornamenti, spolverare anche questi con il pennello e poi molto delicatamente procedere con il panno umido.

L’alternativa valida al classico sapone di marsiglia è l’olio per bambini, quello utilizzato per la loro igiene e cura. Inumidire un panno con qualche goccia di olio e procedere molto delicatamente alla pulizia tenendolo all’interno con l’altra mano ed evitando di deformarlo, sempre procedendo dall’interno verso l’esterno così che il panno utilizzato con l’olio non venga a contatto con la parte interna. Non adoperare mai alcun detergente aggressivo o altro tipo di olio perchè potrebbe rovinarsi o sporcarlo ulteriormente. Se dopo questo trattamento si vuole invece riporlo per conservarlo sino al prossimo utilizzo, si possono utilizzare le “cappelliere” e comunque lontano dai raggi diretti del sole facendo attenzione a non piegarlo, all’interno di un armadio preferibilmente anche coprendolo con qualcosa di leggero per proteggerlo soprattutto perchè non perda la sua forma originale e non si impolveri.

Eventualmente può essere utilizzato uno spray che si può trovare presso gli ipermercati o i negozi specializzati, nonché le drogherie. Lo spray aiuta a conservare la forma del cappello di paglia, come ripeto non sempre è necessario. Oppure si può adoperare qualsiasi liquido opacizzante per mantenere le fibre unite e resistenti, ma non è indispensabile.

Fonte: pianetadonna.it

Come intrecciare cappelli di paglia #1

Lavorare la paglia
La lavorazione della paglia risale teoricamente agli inizi del XVIII secolo. Esistono opere famose quali le paglie di Firenze che sono state realizzate con l’intrecciatura fatta a mano. La lavorazione finale, necessaria per definire la forma, veniva creata invece con l’aiuto meccanico di presse e macchine. Prima della fase, però, che interessa la creazione del cappello vero e proprio, sono necessari numerosi passaggi per poter ottenere dei filamenti schiacciati delle stesse dimensioni e tonalità. Il giorno prima della lavorazione è necessario tenerla a bagno e poi schiacciare le fibre per renderle più morbide e maneggevoli. Successivamente, come si faceva un tempo, pressarle manualmente oppure lasciarle riposare per alcune ore sotto un oggetto pesante per infine fare evaporare l’acqua. Una volta pronta la paglia si procederà a sezioni, creando prima il cilindro del cappello e in seguito la falda, tutto secondo la sapiente tecnica dell’intrecciatura. Per il cilindro realizzare una treccia centrale lineare o di forma circolare, a seconda della forma che si darà al cappello. Di seguito si procede intrecciando i lunghi filamenti a mo’ di spirale. Le trecce dovranno quindi essere poste l’una sopra l’altra, unendole con ago e spago, procedendo fino a quando non si sarà soddisfatti del risultato. Si passa poi alla falda, anche questa avrà una grandezza a piacere. Il procedimento è uguale ma, a differenza della prima sezione, le file intrecciate verranno cucite una accanto all’altra. Finalmente arrivati a questo punto si possono unire le due sezioni utilizzando sempre l’ago e lo spago.

L’attaccatura
Attaccata la falda al cilindro, si passa a coprire la cucitura, che sarà un elemento decorativo. Può essere un nastro colorato incollato con della colla a caldo oppure, in caso di cappelli femminili, un fiocco o con degli ornamenti, fiori o pietre colorate.

Ed ecco fatto il cappello di paglia intrecciata!

Ps. fate delle trecce sempre abbastanza strette, così da non lasciare spazi.

Fonte: pianetadonna.it

Katia Ricciarelli e Pietro Ballo in “Tace il Labbro”, dalla Vedova Allegra di Franz Lehár

Omaggio a Juana Romani, pittrice italiana

Originaria di Velletri (Roma) ed emigrata a Parigi da bambina, Juana Romani è stata omaggiata nella sua città natale con una mostra allestita presso il Convento del Carmine, diventato i mesi scorsi una sede distaccata dell’Accademia di Belle Arti di Roma. La mostra è stata aperta fino al 28 gennaio 2018. Venne sempre nominata con l’appellativo “La Petite Italienne” Da modella e pittrice, figura quasi pionieristica sul fronte della parità di genere. Questa mostra ha celebrato la sua vicenda umana e artistica a 150 anni dalla sua nascita.

Avvicinatasi al mondo dell’arte svolgendo il mestiere di modella nella Accademia privata Colarossi e Julian e in diversi atelier, Juana Romani dimostrò un precocissimo talento a livello pittorico successivamente confermato dalla vittoria della medaglia d’argento all’Esposizione Universale del 1889, ad appena 22 anni, con Bartolomeo Bezzi e Luigi Nono.

Il percorso espositivo ha ricostruito per intero il profilo dell’artista, riunendo opere chiave della sua produzione. Concessa da una raccolta francese l’enigmatica opera “Figlia di Teodora” e materiale iconografico e documentario inedito comprensivo anche di disegni, incisioni e periodici d’epoca.

Nel contesto francese dei Salons, Juana Romani godette di ampia fortuna anche grazie agli autoritratti “di femminismo esagerato”, secondo la definizione coniata da Armand Silvestre, nei quali impiegò le proprie sembianze per rileggere personaggi femminili esistenti o legati alla tradizione letteraria.

La mostra ha costituito un’occasione per cogliere aspetti salienti della personalità di Juana Romani, con idee in grado di avvicinare l’artista a questioni al centro del dibattito ancora oggi. Infatti si rifiutò di aderire ad associazioni di “femmes peintres”, fu tra le prime a rivendicare la parità di genere con opere quali “Mina da Fiesole”, ritratto in cui compare come una donna nei panni del celebre scultore rinascimentale, ammiratissimo da lei, Mino da Fiesole, riuscendo così ad anticipare le moderne posizioni sull’abbattimento delle distinzioni di trattamento sociale su base sessuale.

Fonte: arte.sky.it

I pensieri di una mamma

“Essere mamma non è un mestiere, non è nemmeno un dovere: è solo un diritto tra tanti diritti”

Oriana Fallaci

Omaggio a Juana Romani

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