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A novantanni dalla morte, il mito di Rodolfo Valentino (all’anagrafe Rodolfo Guglielmi) vive attraverso il ricordo della sua grandezza. Castellaneta, la sua città natale, lo ricorda con una mostra nel Museo Valentino, allestita nell’ex convento di Santa Chiara. Promuovono l’iniziativa l’Assessorato alla Cultura del Comune di Castellaneta, il Museo Nazionale del Cinema di Torino e la Fondazione Rodolfo Valentino di Castellaneta, con il Patrocinio di Regione Puglia e Puglia Promozione.
Riviste ed oggetti d’epoca offrono la possibilità di ammirare alcune tra le più belle fotografie dell’attore fuori dal set in una sorta di viaggio-racconto che ne percorre la carriera da uomo qualunque a divo immortale.
Di abbigliamento infantile si comincia a parlare solo dal XX secolo. Nei primi due o tre anni di vita, i bambini indossavano un vestitino di linea sciolta uguale per entrambi i sessi. In seguito alle nuove teorie di puericultura che ritroviamo nelle cronache di fine ‘700, grazie al filosofo francese Rousseau si ritenne che il gioco e la libertà di movimento erano indispensabili per un corretto sviluppo del bambino, quindi si andò a concepire una tipologia di abbigliamento per i più piccoli più specifica, seppur riprendendo i motivi decorativi della moda di quel periodo.
Nell’800 le bambine cominciano ad indossare abitini più corti, seppur mai oltre il ginocchio, riprendendo la linea di quelli indossati dalle madri, lasciando il corpo alle sue linee naturali.
Anche le bambine però indossavano il busto, con la funzione di fornire un sostegno per assumere una corretta postura, più morbido e meno costrittivo di quello indossato dalle madri.
I maschietti indossavano calzoni corti al ginocchio, con morbide casacche. Fino ai 4-7 anni, l’età variava a seconda delle abitudini locali e famigliari, venivano vestiti con abiti femminili, praticamente identici a quelli delle sorelline, probabilmente perchè veniva facilitato il cambio del piccolo. Tra bambino e bambine cambiavano la scelta dei colori e dei tessuti.
Diversi erano invece i tagli di cappelli e gli accessori. Il tipo di abbigliamento in voga per entrambi i sessi, a fine ‘800-inizio ‘900, è l’abito alla marinara. Confezionato con materiali comodi e resistenti, facilmente lavabili. Dagli adulti, l’abbigliamento alla marinara si rivelò altrettanto comodo per potersi muovere, come completi da ginnastica o bicicletta.
Comincia poi la diffusione dei grandi magazzini destinati agli acquisti delle classi medie e nascono laboratori sartoriali, accompagnando il progresso che ha contraddistinto l’epoca.
La moda maschile nel periodo della Belle Epoque non subì grandi variazioni rispetto alla moda femminile. Il rinnovamento riguarda solo i “tagli” e qualche particolare. Si limitava a copiare gli stili e la moda da Londra. Per eccellenza di eleganza Edoardo VII Principe di Galles e Re d’Inghilterra era l’unico riferimento maschile di inizio secolo. Disinvolto ed elegante, portava la giacca aperta con l’ultimo bottone del gilet slacciato e i pantaloni con il risvolto.
Il tono maschile dell’abbigliamento era molto formale. Si affermò come emblema il completo composto di tre pezzi: giacca, gilet, pantaloni.
Lo smoking fu introdotto per la prima volta da Lord Sutherland dopo il 1875, era ed è tutt’ora un abito maschile per la sera. In Italia, in Francia ed in Germania, lo chiamiamo “smoking”, termine inglese che significa “abito da fumo”, mentre in Inghilterra è chiamato “dinner jacket”, ovvero “giacca da pranzo”.
All’epoca la giacca dello smoking poteva essere sia ad un petto che a doppio petto. Solitamente si preferiva nera, altrimenti poteva assumere anche tonalità blu scuro o violetto scuro. Nei paesi caldi invece era bianca.
Le scarpe erano soprattutto a stivaletto, sia con tacco che basse, allacciate con lacci o bottoni e ricoperte dalle ghette, bianche o nere. Tra gli accessori i più usati erano il cappello, i guanti e il bastone da passeggio. L’unica nota di colore era la cravatta, che smorzava e rendeva gradevole e gentile il sobrio rigore dell’abbigliamento maschile.
Si usava fermare con una spilla il nodo e/o un piccolo gioiello che donava una nota di eleganza, abbinato in particolare al bottone del collo della camicia e ai gemelli dei polsini.
Il cappello di giorno era in feltro, nei primissimi anni del ‘900 invece presentava una piccola tesa. Dopo i primi del ‘900 man mano la tesa si allargò e la calotta assunse una piegatura davanti. Per le occasioni importanti e le serate eleganti, l’unico protagonista era il cappello a cilindro. Un cappello dalla forma alta, nero o grigio scuro.
Dopo il 1904 fece l’ingresso il “paletots” per l’inverno e poi per la primavera gli intramontabili soprabiti maschili con chiusura a doppio petto e lunghezza fino al ginocchio.
La risposta alla nostra domanda: