SOLITUDINE, Giorgio De Chirico
1912, olio su tela

Il soggetto principale è nuovamente la statua di Arianna; come racconta il mito, Teseo la abbandonò nonostante ella gli abbia salvato la vita. La troviamo qui sola, addormentata, o forse assorta, trasportata dai pensieri. La posizione infatti sembra alludere all’ “Autoritratto” di De Chirico (1911). Qui egli si ritrae in una posa riflessiva, che a sua volta ricorda una celebre fotografia di Nietzsche; la stessa posa appare ne la “Melancolia”, incisione di Albrecht Durer del 1514.

La malinconia, o “umor nero”, è quello stato di pensosità, di meditazione tiepida, pomeridiana; una solitudine tipica dell’artista e ad esso necessaria in quanto RICERCA. Essa è una solitudine attiva, “in potenza”, quella che Nietzsche chiama “volontà di potenza”, ovvero quello slancio vitale nonostante le assurdità della vita, quella TENSIONE verso l’infinito, evocata dagli stessi ARCHI.

Le ombre sono autonome, variegate, assurde e tra esse ne troviamo una che suggerisce la presenza di un elemento assente. Non a caso De Chirico ritiene che il quadro debba essere “ombra di presenze segrete”.
Sulla sinistra, in lontananza, le due figure del POETA e del FILOSOFO camminano, vagano verso l’orizzonte, ove si scorgono le colline torinesi.

Nonostante ci sostò per un tempo pressoché breve, TORINO segnò umanamente e artisticamente l’artista. Sia per le architetture, una fra tutte la Mole Antonelliana, che troviamo reinterpretata ne “La nostalgia dell’infinito”, sia per l’atmosfera conferita dalle statue immobili nelle grandi piazze. Inoltre, proprio a Torino Nietzsche trascorse gli ultimi anni della sua vita; dunque la città non può essere se non memoria del suo insegnamento.

”Solitudine” Giorgio De Chirico, 1912

Testo a cura di Maria Chiara Pernici STAFF Il Cappello di Irma
Voce e video: Irma Borno alias ”Il Cappello di Irma”

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