La stanchezza dell’infinito, Giorgio De Chirico

1912, olio su tela

Ne “La stanchezza dell’infinito”, De Chirico ci offre uno spazio assolutamente inospitale: la strada è ripida, “in salita”, difficile da percorrere, proprio come la vita, che appare spesso così assurda e priva di senso. Le ombre sono estranee al realismo: risultano geometriche, rigide, compatte.

In primo piano troviamo la statua di Arianna addormentata. Nel mito greco ella incarna la salvezza di Teseo; qui invece non propone alcuna speranza.

Ritroviamo sulla sinistra le arcate, elementi di tensione verso l’altro, verso l’oltre, verso l’infinito; l’ARCO è per De Chirico il riflesso dello spasmo, del brivido che l’uomo prova di fronte alla volta celeste.

In lontananza, le due figure ormai note: il FILOSOFO ed il POETA; essi vagano, meditano, spingono il loro pensiero continuamente oltre il visibile verso nuovi orizzonti, nuovi significati.

Sullo sfondo il TRENO, simbolo sia di nostalgia di un tempo lontano, quando da bambino l’artista scorgeva oltre il muretto di casa appunto un treno; sia del viaggio inteso come bisogno di cercare, come necessità di scoprire, di dare un senso.

De Chirico intende l’Arte stessa come RICERCA D’INFINITO, di quell’infinito, di quell’orizzonte che Leopardi, non vedendolo poiché coperto dalla siepe, scopre guardando oltre, servendosi dell’immaginazione come mezzo con cui naufragare dolcemente nell’immenso mare dell’esistenza, verso l’ignoto di cui si ha nostalgia.

“La stanchezza dell’Infinito” Giorgio De Chirico, 1912

Testo a cura di Maria Chiara Pernici STAFF Il Cappello di Irma

Voce e video: Irma Borno alias ”Il Cappello di Irma”

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